Note sullo spettacolo amore amaro

AMORE AMARO PÀTHEI MÀHTOS

Note per AMORE AMARO

Un Amore amaro, paronomasia giusta per esprimere un sentimento contraddittorio nella bellezza di una dichiarazione d’amore che scrive nella semplicità della vita quotidiana. Nel coraggio di tre donne che vivono e amano lo stesso sentimento eppure con epiloghi così diversi. Un sentimento, l’èros, leitmotiv della letteratura, della poesia e dell’arte tutta, che poeticamente si scontra con la realtà, sospesa nello spazio onirico del palcoscenico dove il qui ed ora si racconta e diventa vero.

Tre monologhi a dar voce le sfumature di un amore prima passionale poi ironico e infine drammatico .

Tre donne apparentemente in tempi e spazi lontani unite dal fil rouge dell’amore.

Crave, il titolo originario del primo monologo di Sarah Kane, tradotto letteralmente in febbre, bisogno, desiderio, fama di, sete di, voglia, ansia, bramosia, frenesia, smania. Vicky Featherstone, regista del primo allestimento del testo, sottolinea come l’opera fosse per Sarah Kane un testo sul bisogno d’amore e sul desiderio.

Ed è proprio il bisogno di amore a restituirci una Beatrice di Stefano Benni, come mai l’avremmo immaginata. Sarcastica e ironica, in un toscano verace risponde ai gentili versi in volgare della Divina Commedia di Dante. Non più angelicata, ci descrive la condizione femminile nel medioevo, l’esigenza di un amore concreto e non troppo ideale come quello dantesco. Sbeffeggiando i celebri versi della VITA NUOVA: “Tanto gentile e tanto onesta pare”, ci restituisce il ritratto di una donna pragmatica, annoiata dal romanticismo ante litteram del celebre poeta.

Ambientato in una Vienna mitteleuropea di inizio novecento, Lettera da una sconosciuta di Stefan Zweig come in un’immagine riflessa allo specchio, dipinge il ritratto di una donna ardente e viva, e al tempo stesso immateriale, come una musica lontana.

In una riscrittura asciutta e onirica la sconosciuta ha la levatura morale di un personaggio tragico, e la passione di un’eroina romantica, sempre in bilico tra il sacrificio per l’amato e l’eccesso d’amore. Da qui lo spunto per il sottotitolo, la celebre citazione tratta dall’Antigone di Eschilo: pàthei màthos.

Attraverso il dolore, la conoscenza.

Il dolore ha un importante ruolo educativo perché il senso del tragico si può trovare solo quando si ha a che fare con veri valori e vere passioni dell’animo umano: col pensiero debole e il relativismo non può esserci tragedia e affinché possa manifestarsi un avvenimento tragico è necessario che il protagonista sia dotato di un carattere ben determinato e consapevole  e quindi ricco di valori e passioni radicate e per ciò capaci di muovere dal profondo parole ed azioni in quanto «senza azioni non vi può essere tragedia» ricorda Aristotele nella Poetica.  

L’eroe tragico infatti è colui che ,anche se nella collisione tragica non può evitare di sbagliare, grazie al suo destino conosce se stesso. In un ossimoro,paradossalmente, La sconosciuta è colei che conosce e riconosce se stessa. È una donna moderna, forte, complessa, sicura di sé, indipendente, consapevole dei suoi sentimenti e del suo corpo desiderante, capace di scindere la sessualità dall’amore che si affaccia sugli abissi dell’animo femminile e lo guarda con tenacia e coraggio.

La sua storia si articola in sei snodi drammatici ed emotivi, ognuno dei quali è caratterizzato da un’immagine.

Immagini come fotografie di ricordi di cui un uomo non rammenta nulla e di cui una donna innamorata rivive tutto, ogni singolo dettaglio.

 

Scuola di Scenografia

 

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